Orchestra laboratorio
docente: Claudio Riggio

“C’era una volta, tanto, tanto tempo fa…”

Ci sono frasi in cui la musica delle parole, il loro “elogio della fuga”, come lo chiamerebbe Laborit, indicano traiettorie di comprensione di ciò che, distrattamente, chiamiamo realtà.
Tracciano “ Vie dei canti ”, per dirla con Chatwin.
“C’era una volta…” perché l’imperfetto è il tempo in cui si svolgono i giochi dei bambini
-“facevamo che io ero invisibile?…”-, il tempo in cui accade ciò che realmente siamo
(Myself when I’m real, recita il titolo di un’improvvisazione al piano di Charles Mingus).
Il tempo che i sedicenti adulti chiamano infanzia. Mentendo.
Quella dimensione umana non ha niente a che vedere con il tempo cronologico…
“C’era una volta…” ha a che fare, piuttosto, con l’unicità di qualcosa che è irripetibile, qualcosa che è legato all’impressione che la realtà ha nel sentirsi viva di noi.
“Tracce d’inconscio nella realtà” disse qualcuno che poi fu definito pazzo.
Macchie d’improvvisazione nella scrittura musicale.
“facevamo che eravamo delle note bianche, suoni non ancora finiti sul foglio, non ancora divenuti note nere?”

L’odore del ragù nelle scale di casa, salite col pallone sotto al braccio.
Il suono dei pedali di una bicicletta, ascoltato ad occhi chiusi su una panchina battuta dal sole d’Agosto, aspettando l’autobus per il mare…

E se i ricordi non fossero il passato ma un improvviso incanto che ci trasforma da piccoli principi in persone Reali?

Educare significa “condurre fuori”.

Questo è l’unico obiettivo che questo corso si pone.
Ognuno di noi ha un suo modo di essere, di comunicare, di guardare, di sorridere,
un suo significato “unico” che deve necessariamente permeare il nostro Fare,
pena il “non essere”.
E il non-essere, per un musicista, è anche il non-suonare.
Ecco perché gli incontri avranno come presupposto essenziale l’individuazione del “talento naturale” di ogni singolo allievo.
Sarà costituito un ensemble “atipico” con tutti gli strumenti musicali di cui possono disporre gli allievi.
Gli incontri, da definirsi nella durata e nella frequenza, si articoleranno in due momenti:

» Il primo, a carattere didattico, in piccoli gruppi, così da fornire ad ogni allievo gli strumenti essenziali al fare musica.
» Il secondo momento sarà quello del “Fare musica “, tutti insieme, finalizzato all’espressione di sé attraverso l’improvvisazione,
   l’esecuzione e l’interpretazione.

Si partirà da un’idea musicale suggerita dagli allievi o da un racconto, un ricordo, un sogno… e si procederà insieme a costituire l’arrangiamento. E’ ovvio che all’interno di questi incontri confluirà il materiale messo a fuoco nel lavoro dei piccoli gruppi.

L’IDENTITÀ ESPRESSIVA scaturirà così gradualmente con la prassi dell’assimilazione di nozioni, consuetudini, pratica strumentale di base indispensabili affiancate però costantemente da una ricerca espressiva e tecnica, soprattutto attraverso la Libera Improvvisazione, così da “condurre fuori” la vera immagine musicale di ogni singolo musicista.
In sostanza si tratta di identificarsi “da qualcuno” e non “con qualcuno”, sarà quindi mia cura e responsabilità ascoltare ogni allievo ed aiutarlo così a suonare ciò che è.
In molte lingue “suonare” significa anche “giocare” (to play , jouer ….)
Forse per qualcuno Suonare vuol dire ancora divertirsi.
Dal latino Divertere, volgere altrove, essere differente.